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Regole e Costituzioni

Sr.Domenicane
*Più Autori per le Prime Regole delle Suore Domenicane di Pompei?
Una interessante annotazione di Bartolo Longo, scritta di suo pugno, apre il dibattito sul vero Autore delle prime Regole delle nostre Suore. Fu il Redentorista Padre Leone a scriverle o si può optare per più autori?
"È stata la Madonna delle Grazie, che ha dettato a Padre Giuseppe M. Leone, redentorista, le regole della Congregazione regolare delle Figlie del Rosario di Pompei, Suore del terzo ordine domenicano, fondato dal Beato Bartolo Longo": così ha affermato Padre Luigi Petrosino, postulatore della causa di beatificazione del Padre Leone e anch’egli figlio di Sant' Alfonso, sottoponendo alla nostra attenzione una copia delle regole stesse, prelevata dall’archivio provinciale della Congregazione del SS. R.
Sulla copertina del libretto, stampato a Valle di Pompei dalla scuola tipografica editrice Bartolo Longo nel 1892, recante il titolo "Regole del pio istituto delle Figlie del S. Rosario in Valle di Pompei", quasi a commento, il Beato annota di suo pugno: "scritte dal Padre Leone e a lui dettate dalla sua Madonna delle Grazie".
Ci troviamo subito di fronte ad un’affermazione di particolare rilevanza storica, per il suo contenuto, ma soprattutto per i rapporti paralleli ad essi connessi, rapporti che se, come vedremo, possono rientrare nella storia ordinaria di Bartolo Longo e del suo direttore spirituale, assumono il carattere di straordinaria eccezionalità quando essi coinvolgono la Madonna delle grazie, nel ruolo svolto sull’animo e sulla mente di Padre Leone rispetto alle regole di quella Congregazione di Suore, fondata dal Beato di Pompei, giunta al suo primo centenario (1997).
Per chiarezza di esposizione e per agevolare chi si avvicina per la prima volta al percorso religioso e pedagogico-educativo di Bartolo Longo diremo che, una volta assunto il compito di restituire alla fede ed alla militanza civile i residenti nell’antica Valle, Bartolo Longo propagò la preghiera del Rosario e votò il suo cuore al recupero ed alla rivalutazione degli orfani della legge e della natura; proponendo finalità e metodi antesignani e per molti aspetti contro corrente rispetto alle teorie positivistiche del suo tempo, identificando nella preghiera, nell’istruzione e nel lavoro i mezzi di tale rinascita alla civile convivenza dei "diversi".
In tale itinerario rientra l’edificazione della Chiesa, divenuta sempre più importante fino ad assurgere a Santuario Mariano: in questo complesso progetto, Bartolo Longo e la stessa consorte, Contessa De Fusco, che ne sosteneva gli intenti, ebbero l’opportunità di godere, fra gli altri, della direzione spirituale di P. Giuseppe M. Leone, il redentorista pugliese che molto efficacemente influì per la realizzazione delle opere sociali, che sorgono intorno al Santuario.
Le regole per le Suore Domenicane costituiscono un elemento probante di questo sodalizio, durato circa 18 anni: affermare che tali regole "furono dettate a P. Leone dalla sua Madonna delle Grazie" significa ripercorrere anche attraverso testimonianze autentiche tempi, modalità, particolari abitudini di vita, che connotarono il rapporto fra Bartolo Longo e Padre Leone.
Sappiamo infatti, per la stessa penna del Beato, che molto spesso con P. Leone raggiungeva a piedi la collina di S. Abbondio, dove lo stesso Longo promosse la riedificazione della Cappella dedicata alla Madonna della Divina Grazia, oggi parte integrante della Parrocchia di S. Giuseppe, benedetta per la prima volta dal Vescovo di Nola Mons. Agnello Renzullo (1895).
Bartolo Longo e Padre Leone avevano, si può dire, quotidianamente raggiunto questo luogo di preghiera: chi scrive, trovandosi nel collegio redentorista di Lettere (NA) negli anni ’40 ebbe come confessore P. Giuseppe Vitullo, morto in concetto di santità, che a sua volta era stato penitente di Padre Leone, quando questi dimorava ad Angri: proprio da P. Vitullo ha appreso che P. Giuseppe Leone e Bartolo Longo, mentre sostavano nella Cappella della Madonna delle grazie, leggevano "Le Glorie di Maria" di Sant’Alfonso M. de’ Liguori: una lettura che implicitamente ci fa avvertire il rapporto.
I nostri due personaggi discutevano certamente anche di problemi correnti, di difficoltà da superare, confrontandosi reciprocamente sulle iniziative da assumere in rapporto alle esigenze della popolazione, al funzionamento delle scuole e delle opere.
Fra queste esigenze, Bartolo Longo ne avvertiva una molto pressante, che si sarebbe realizzata nel 1897: era necessario che i giovani orfani, accolti nelle diverse ed affermate istituzioni, potessero beneficiare della presenza di religiose capaci di assumere dirette responsabilità di educazione e di accoglienza.
Nasce così l’idea di dare vita alla Congregazione regolare delle Figlie del Santo Rosario: percorrendo la strada che dal centro di Pompei portava alla cappella, questa idea avrà preso consistenza anche nello scambio di opinioni e di propositi fra il padre redentorista ed il laico promulgatore del Rosario.
E non è difficile immaginare che lo stesso Direttore spirituale si sentisse coinvolto nel progetto ed avvertisse l’esigenza di rivolgersi nelle sue preghiere alla Madonna delle Grazie, perché lo ispirasse nell’ordinare l’iniziativa anche attraverso la precisa indicazione delle cosiddette "Regole" per le religiose che saranno chiamate "Figlie del SS. Rosario di Pompei".
P. Leone è, lo abbiamo detto, figlio di S. Alfonso, come tale amante della Madonna, dotato, per di più, di una singolare disposizione al rapporto con il prossimo, che egli esplicò fino all’ultimo sia come direttore di congregazioni di suore, sia come confessore nelle sue frequenti missioni.
Dettare le Regole deve essere stato per lui un modo concreto per raccogliere gli esiti di questa sua lunga esperienza e per affidare al documento stesso quell’afflato spirituale attinto, fra l’altro, proprio dinanzi alla Madonna delle Grazie di Pompei, nelle frequenti visite.
Dal testo delle Regole emergono alcuni punti strutturali, che confermano l’annotazione autografa di Bartolo Longo, sul frontespizio del libretto delle regole stesse.
Indicato il fine assegnato al Pio Istituto del S. Rosario di Pompei, le regole si soffermano con insistenza e con ricchezza di particolari sulla "efficacia" e sulla "opportunità" del Rosario, sulla "intenzione" della sua recita, sulle "condizioni necessarie" per farlo e sui "frutti" che la recita di tale preghiera implica.
Una insistenza significativa questa del rapporto diretto con la Vergine del Rosario, nella sua veste di Madre generosa, anello di congiunzione, tessera essenziale di tutto il percorso ecclesiale.
Una insistenza che riflette anche il senso del rapporto fra Bartolo Longo ed il suo direttore spirituale.
Il documento si addentra, poi, nel merito specifico dei voti di castità e di ubbidienza, del ruolo assegnato alle sorelle ufficiali; soffermandosi sul lavoro, sullo spirito religioso che deve sostenere le Suore Domenicane, sulle doti che devono connotare l’esistenza.
Un progressivo e sistematico progetto di vita, che ha avuto modo di concretizzarsi e di espandersi in questo primo centenario, applicando dinamicamente le regole stesse alle richieste emergenti, nella sistematica ispirazione alle intenzioni del Fondatore e alle esortazioni del Fondatore e alle esortazioni che il suo stesso direttore spirituale, Padre Leone, gli faceva, perché Pompei riuscisse ad interpretare la marianità alfonsiana e la pedagogia longhiana.
(Autore: Luigi Leone)
*Regola di Sant'Agostino
1. Sorelle carissime, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali.
2. Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi stabilite nel monastero.
Capitolo 1
Scopo e fondamento della vita comune
3. Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riunite è che viviate unanimi nella casa e abbiate unità di mente e di cuore protesi verso Dio.
4. Non dite di nulla: “È mio”, ma tutto sia comune fra voi. La superiora distribuisca a ciascuna di voi il vitto e il vestiario; non però a tutte ugualmente, perché non avete tutte la medesima salute, ma ad ognuna secondo le sue necessità. Infatti così leggete negli Atti degli Apostoli: “Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue necessità”.
5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrata che sia nel monastero, li trasmetteva volentieri alla Comunità.
6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel monastero ciò che nessuno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della sua insufficienza, anche se, quando lei si trovava fuori, la sua povertà non era neppure in grado di procurarle l'indispensabile. Solo che non si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si poteva permettere.
7. Nè si monti la testa per il fatto di essere associata a chi, nel mondo, nemmeno osava avvicinare, ma tenga il cuore in alto e non ricerchi la vanità della terra, affinchè i monasteri, se ivi le ricche si umiliano e le povere si vantano, non comincino ad essere utili alle ricche e non alle povere.
8. D'altra parte, quelle che credevano di valere qualcosa nel mondo, non disdegnino le loro sorelle che sono pervenute a quella santa convivenza da uno stato di povertà. Vogliano anzi gloriarsi non della dignità di ricchi genitori ma della convivenza con le sorelle povere. Nè si vantino per aver trasferito alla Comunità qualche parte deo loro beni; nè il fatto di distribuire al monastero le loro ricchezze, anzicchè averle godute nel mondo costituisca per esse motivo di maggiore orgoglio. Se infatti ogni altro vizio spinge a compiere azioni cattive, la superbia tende insidie anche alle buone per guastarle; e che giova spogliarsi dei propri beni dandoli ai poveri e diventare povera, se la misera anima nel disprezzare le ricchezze diviene più superba che non quando le possedeva?
9. Tutte dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatte tempio.
Capitolo 2
La Preghiera
10. Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti
11. L’oratorio sia adibito esclusivamente allo scopo per cui è stato fatto e che gli ha dato il nome. Se perciò qualcuna, avendo tempo, volesse pregare anche fuori dalle ore stabilite, non ne sia ostacolato da chi abbia ritenuto conveniente adibire l’oratorio a scopi diversi.
12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce.
13. E non vogliate cantare se non quanto è previsto per il canto. Evitate quindi ciò che al canto non è destinato.
Capitolo 3
Frugalità e mortificazione
14. Domate la vostra carne con digiuni ed astinenze dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette. Ma se qualcuna non può digiunare, non prenda cibi fuori dell’ora del pasto se non quando è malata.
15. Sedendo a mensa e finchè non vi alzate, ascoltate senza rumore e discussioni ciò che secondo l’uso vi si legge, affinchè non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio.
16. Se alcune vengono trattate con qualche riguardo nel vitto perché più delicate per il precedente tenore di vita, ciò non deve recare fastidio né sembrare ingiusto a quelle altre che un differente recare fastidio né sembrare ingiusto a quelle altre che un differente tenore ha reso più forti. Né devono crederle più fortunate perché mangiano quel che non mangiano loro; debbono anzi rallegrarsi con se stesse per essere capaci di maggiore frugalità.
17. Così, pure, se a quante venute in monastero da abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno alle altre che sono più robuste e perciò veramente più fortunate, quest’ultime devono considerare quanto le loro compagne siano scese di livello passando dalla loro vita mondana a questa, benchè non abbiano potute eguagliare la frugalità di coloro che sono do più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcune non per onore ma per tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero le ricche si mortificano quanto più possono, mentre le povere si fanno schizzinose.
18. D’altra parte, siccome le ammalate devono mangiare meno per non aggravarsi, durante la loro convalescenza dovranno essere trattate in modo da potersi ristabilire al più presto, anche se provenissero da una povertà estrema; infatti la recente malattia ha loro procurato quello stato di debolezza che il precedente tenore di vita aveva lasciato nelle ricche. Ma appena si siano ristabilite, tornino alla loro vita normale, che è certamente più felice, poiché è tanto più consona alle serve di Dio quanto meno è esigente. Ormai guarite, il piacere non le trattenga in quella vita comoda a cui le avevano sollevate le esigenze della malattia. Si considerino anzi più ricche se saranno più forti nel sopportare la frugalità, perché è meglio aver meno bisogni che possedere più cose.
Capitolo 4
Custodia della castità e correzione fraterna
19. Il vostro abito non sia appariscente; non cercate di piacere per le vesti ma per il contegno.
20. Quando uscite, andate insieme ed insieme rimanete quando sarete giunte a destinazione.
21. Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia consono al vostro stato di consacrazione.
22. Gli occhi, anche se cadono su qualche uomo, non si fissino su alcuno. Certo, quando uscite, non vi è proibito vedere uomini, ma sarebbe grave desiderarli o voler essere da loro desiderate, perché non soltanto con il tatto e l’affetto ma anche con lo sguardo la concupiscenza di un uomo ci provoca ed è a sua volta provocata. E perciò non dite di avere il cuore pudico se avete l’occhio impudico, perché l’occhio impudico è rivelatore di un cuore impudico. Quando poi due cuori si rivelano impuri col mutuo sguardo, anche senza scambiarsi una parola, e si compiacciono con reciproco ardore del desiderio carnale, la castità fugge ugualmente dai costumi, anche se i corpi rimangono intatti dall’immonda violazione.
23. Ed inoltre chi fissa gli occhi su un uomo e si diletta di esser da lui fissata, non si faccia illusione che altre non notino questo suo comportamento: è notato certamente e persino da chi non immaginava. Ma supposto che rimanga nascosto e nessuno lo veda, che conto farà di Colui che scruta dall’alto e al quale non si può nascondere nulla? Dovrà forse credere che non veda, perché nel vedere è tanto più paziente quanto più sapiente? La donna consacrata tema dunque di spiacere a Dio per non piacere impuramente ad un uomo; pensi che Dio vede tutto, ma non desiderare di vedere impuramente un uomo, ricordando che anche in questo caso si raccomanda il Suo santo timore dov’è scritto: “È detestato dal Signore chi fissa lo sguardo”.
24. Quando dunque vi trovate insieme in chiesa e dovunque si trovino pure uomini, proteggete a vicenda la vostra pudicizia. Infatti quel Dio che abita in voi, vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo cioè di voi stesse.
25. E se avvertirete in qualcuna di voi questa petulanza degli occhi di cui vi parlo, ammonitela subito, affinchè il male non progredisca ma sia stroncato fin dall’inizio.
26. Se poi, anche dopo l’ammonizione, la vedrete ripetere la stessa mancanza in quel giorno o in qualsiasi altro, chiunque se ne accorga lo riveli come se si trattasse di una sorella ferita da risanare. Prima però lo indichi ad una seconda o a una terza, dalla cui testimonianza potrà essere convinta e quindi, con adeguata severità, indotta ad emendarsi. Non giudicatevi malevole quando segnalate un caso del genere; al contrario non sareste affatto più benevoli se tacendo permetteste che le vostre sorelle perissero, mentre potreste salvarle parlando: Se infatti tua sorella avesse una ferita e volesse nasconderla per paura della cura, non saresti crudele a tacerlo e pietosa a palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarla perché non imputridisca più rovinosamente nel cuore?
27. Tuttavia, qualora dopo l’ammonizione abbia trascurato di correggersi, prima di indicarlo alle altre che dovrebbero convincerla se nega, si deve parlarne preventivamente alla superiora: si potrebbe forse evitare così, con un rimprovero più segreto, che lo sappiano le altre. Se negherà, allora alla pretesa innocente si opporranno le altre testimoni: alla presenza di tutti dovrà essere incolpata non più da una sola ma da due o tre persone e, convinta, sostenere, a giudizio della superiora o anche del presbitero competente, la punizione riparatrice. Se ricuserà di subirla, anche se non se andrà via spontaneamente, sia espulsa dalla vostra comunità. Neppure questo è atto di crudeltà ma di pietà, per evitare che rovini molte altre col suo contagio pestifero.
28. Quanto ho detto sull’immodestia degli occhi, si osservi con diligenza e fedeltà anche nello scoprire, proibire, giudicare, convincere e punire le altre colpe, usando amore per le persone e odio per i vizi.
29. Chiunque poi fosse andata tanto oltre nel male da ricevere di nascosto da un uomo lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo confesserà spontaneamente le si perdoni pregando per lei; se invece sarà colta sul fatto e convinta, la si punisca molto severamente, a giudizio del presbitero o della superiora.
Capitolo 5
Oggetti d’uso quotidiano e loro custodi
30. Conservate i vostri abiti in un luogo unico, sotto una o due custodi o quanto basteranno a ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutrite da una sola dispensa, così vestitevi di un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un’altra; purché non si neghi a nessuna l’occorrente. Se invece da ciò sorgono tra voi discussioni e mormorazioni, se cioè qualcuna si lamenta di aver ricevuto una veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lei di vestire come si vestiva un’altra sua consorella, ricavatene voi stesse una prova di quanto vi manchi del santo abito interiore del cuore, dato che litigate per gli abiti del corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si consenta di riprendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto comuni custodi quello che deponete.
31. Allo stesso modo nessuna mai lavori per se stessa ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggiore impegno e più fervida alacrità che se ciascuna li facesse per sé. Infatti la carità di cui è scritto che “non cerca il proprio tornaconto”, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggera necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità.
32. Ne consegue pure che, se qualcuna porterà le proprie figlie o ad altre congiunte stabilite in monastero un oggetto, come un capo di vestiario o qualunque altra cosa, non venga ricevuto di nascosto, anche se ritenuto necessario; sia invece messo a disposizione del superiore perché, posto fra le cose comuni, venga distribuito a chi ne avrà bisogno. Perciò se qualcuna avrà tenuto nascosto l’oggetto donatole, sia giudicata colpevole di furto.
33. I vostri indumenti siano lavati secondo le disposizioni della superiora da voi o dalle lavandaie: eviterete così che un eccessivo desiderio di vesti troppo pulite contagi l’anima di macchie interiori.
34. Anche la lozione del corpo, quand’è necessaria per ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si faccia su consiglio del medico e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando della superiora la malata faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lei lo vuole e può risultarle dannoso, non si accondiscenda al suo desiderio: talvolta ciò che piace è ritenuto utile anche se nuoce.
35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazioni alla serva di Dio che manifesta la propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per guarirla giova ciò che le piace.
36. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di portarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi le sarà indicato dalla superiora.
37. A cura delle ammalate, delle convalescenti e delle altre che anche senza febbre soffrono qualche indisposizione, sia affidata ad una sola, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato necessario a ciascuna.
38. Le custodi della dispensa, del guardaroba re della biblioteca servano con animo sereno le loro sorelle.
39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a chi li chiederà fuori orario.
40. Ma vesti e calzature, se necessarie a chi le chiede, vengano date senza indugio da chi le ha in custodia.
Capitolo 6
Il condono delle offese
41. Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l’ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l’anima omicida. Così infatti leggete: “Chi odia il proprio fratello è un omicida”.
42. Chiunque avrà offeso un’altra con insolenza o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l’offesa perdoni anche lei senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia che, pur tentata spesso dall’ira, è però sollecita a impetrare perdono da chi riconosce d’aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più rapidamente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore, sta nel monastero senza ragione alcuna, benchè non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.
 
43. Quando però per esigenze di disciplina siete indotte a usare parole dure nel correggere le inferiori, non si esige da voi che ne chiediate perdono, anche se avvertite di aver ecceduto: per salvare un’umiltà sovrabbondante non si può spezzare il prestigio dell’autorità presso chi deve starvi soggetto. Bisogna però chiederne perdono al Signore di tutti, che sa con quanta benevolenza amiate anche coloro che forse rimproverate più del giusto. L’amore tra voi, però, non sia carnale, ma spirituale.
 
Capitolo 7
 
Spirito dell’autorità e dell’obbedienza
 
44. Si obbedisca alla superiora come ad una madre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lei. Ancor più si obbedisca al presbitero che ha cura di tutte voi.
 
45. Sarà compito speciale della superiora far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.
46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità. Davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a tutti come esempio di buone opere, moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto essere amata che temuta riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio.
47. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stesse ma anche di lei, chi si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta e la sua posizione tra voi.
Capitolo 8
Osservanza della Regola
48. Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorate della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come serve sotto la legge, ma come donne libere sotto la grazia.
49. Perché poi possiate rimirarvi in questo libretto come in uno specchio onde non trascurare nulla per dimenticanza, vi sia letto una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuna si avvedrà di essere manchevole in qualcosa. Si dolga del passato, si premunisca per il futuro, pregando che le sia rimesso il debito e non sia ancora indotta in tentazione.

*Regole e Costituzioni - Parte Prima
In ordine di data, i vari libretti a stampa che hanno per titolo: Regole e Costituzioni, o Regole, o, ancora Costituzioni della Congregazione delle Figlie del Rosario di Pompei – Terziarie Domenicane, sono in numero di ventidue.
Si rinvengono, inoltre, una quantità di appunti e sunti di idee che Bartolo Longo più volte utilizzò per ribadire i principi generali che lo spingevano a costituire una Congregazione del tutto pompeiana.
Il primo documento da esaminare è il libro a stampa del 1892: "Regole del Pio Istituto delle Figlie del SS. Rosario in Valle di Pompei" [1, Regole].
Mancando l’autore, Bartolo Longo, fece queste annotazioni autografe sulla copertina delle prime Costituzioni: "scritte dal P. Leone a lui dettate dalla sua Madonna delle Grazie".
Quanto contenuto in questo libretto non fu mai applicato in quanto scritto nel 1892, a notevole distanza dall’anno in cui vi fu il Decreto di erezione della Congregazione, che avvenne cinque anni dopo (1897), anche se la nascita delle Terziarie Domenicane valpompeiane risale a diversi anni prima del detto Decreto.
Ora, poiché dopo un travagliato susseguirsi di vicende si pervenne all’erezione della Congregazione, ed essendo il firmatario del decreto il Card. Mazzella, protettore delle Suore d’America, si ritenne opportuno adottare le Costituzioni delle stesse suore d’America, adattandole alle esigenze valpompeiane.
Il libretto, infatti, si compone di due parti. Una prima parte riguarda la "Regola di S. Agostino per le Monache" e che "serve come fondamento alla vita spirituale delle Figlie del Rosario di Pompei" e la seconda parte dello stesso libretto costituisce le: "Costituzioni delle Suore del Terz’Ordine di S. Domenico".
Su questo libretto Bartolo Longo annotò: "dette Figlie del Rosario di Pompei".
Infatti su uno di questi volumetti vi è la seguente annotazione sotto il frontespizio della prima parte:
"Terziarie Domenicane. Prima regola e Costituzione data alla nascente Comunità di Valle di Pompei – Maggio 1898 – dal Cardinale Camillo Mazzella – Vicario del Papa".
Intanto questa "Prima Regola e Costituzioni data alla nascente Comunità di Valle di Pompei – Maggio 1898 – dal Cardinale Camillo Mazzella – Vicario del Papa", libretto edito in Valle di Pompei nel 1898, servì anche come prima guida per la Congregazione.
Essa era composta da una parte (pagine III a XXV), che riportava la Regola di S, Agostino e che serviva come "fondamento alla vita spirituale delle Figlie del Rosario di Pompei", e da una seconda parte (pagine 3 a 128), che conteneva le "Costituzioni delle suore del Terz’Ordine di S. Domenico".
Nell’Archivio Storico Bartolo Longo, vi è un libretto a stampa antecedente all’anno 1900 composto di 39 pagine, privo di copertina, annotato da Bartolo Longo fino alla pagina 11 recante sul frontespizio la scritta autografa del beato: "La Congregazione delle Figlie del Rosario di Pompei del Terz’Ordine della Penitenza di S. Domenico".
Il testo in questione è composto da venti Capi e porta nella prima pagina il titolo "Costituzioni per le Figlie del Rosario di Pompei".
Ancora nella predetta sezione prima nel fascicolo 623 dell’Archivio, si conserva un’altra copia, stampata nella Tipografia di Bartolo Longo nel 1900, sulla cui copertina egli annotò: "approvate definitivamente" ed il libretto reca il titolo: "Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei Suore del Terz’Ordine Domenicano" (5, Costituzioni), così strutturato:
Prima Parte – Supplica e Decreti (da pag. 5 a 23).
Parte Seconda – Regola di S. Agostino per le Monache che serve come fondamento alla vita spirituale delle Figlie del Rosario di Pompei (da pag. 25 a 49).
Parte terza – Costituzioni per le Figlie del Rosario di Pompei Suore del terz’Ordine di S. Domenico approvate dall’E.mo Cardinale Camillo Mazzella Vicario del Sommo Pontefice per il Santuario di Pompei (da Pag. 50 a 83).
Esiste un ulteriore libretto, riportato al n. 6 nella bibliografia delle "Regole e Costituzioni", avente il titolo uguale a quello prima citato, con l’aggiunta: "scritte dal fondatore Avv. Bartolo Longo" [6, Costituzioni].
Anche questo testo fu stampato a Valle di Pompei nella tipografia di Bartolo Longo nello stesso anno 1900.
Questo libretto, di cui riporto più avanti il testo integrale della II, III e IV parte, è strutturato come segue:
Parte Prima - Documenti (da pag. x a 23).
Parte Seconda – Costituzioni per le Figlie del Rosario di Pompei suore del terz’Ordine di S. Domenico approvate dall’E.mo Card. Camillo Mazzella Vicario del Sommo Pontefice pel Santuario di Pompei (da pag. 25 a 57).
Parte Terza – Regola di S. Agostino (da pag. 59 a 83).
Parte Quarta – Regola religiosa per le Figlie del Rosario di Pompei (dalla Regola di S. Caterina di Bologna) (da pag. 85 a 91).
Pur non entrando nel merito dei contenuti di questi testi, peraltro già esaminati in modo più approfondito in altro momento, sono convinto che queste brevi note siano sufficienti a rendere l’idea del travaglio e dei ripensamenti che scaturirono dallo studio delle Regole e delle Costituzioni.
A distanza di pochi anni furono ristampate le Costituzioni e sull’unica copia così viene annotato: "N.B. Queste Costituzioni non furono mai osservate. (da Madre Margherita Idà).
Intanto la Comunità non applicava nessuna Costituzione tra quelle elencate, osservando soltanto la regola di S. Agostino e le indicazioni dei Fondatori, essendo venuto a mancare anche il Card. Mazzella, morto nel 1900.
Necessitava, perciò, un codice di leggi rispondenti in tutto alle peculiari finalità della nuova Congregazione religiosa.
A questo provvide Sua Ecc. Rev.ma Mons. Silj, Vicario del Santuario dal 1906, il quale ne affidava la redazione al fratello, Don Albertino Silj, religioso camaldolese che per le sue singolari doti di governo ricoprì, nel suo stesso Ordine, la suprema carica di Rettore Maggiore.
Queste nuove Costituzioni, rivedute dallo stesso Mons. Silj, come prova la copia dal medesimo qua e là ritoccata che si conserva nell’Archivio Bartolo Longo, erano da lui approvate e imposte all’osservanza delle "Figlie del Rosario di Pompei" nella solennità del Rosario del 1915.
È appena il caso di ribadire che Mons. Silj recepì l’urgenza e le sollecitazioni di una Comunità in crescita per la quale si ravvisava la necessità di avere una normativa più aderente alle esigenze locali e perciò soddisfece il desiderio delle richiedenti facendo consegnare nelle loro mani dal suo Delegato Mons. Vincenzo Celli, una copia del nuovo libretto, nell’ottobre dell’anno 1915.
Tuttavia "Le nuove Costituzioni, pur rispecchiando i bisogni e le esigenze dell’unica Comunità esistente in Valle di Pompei, facevano già pensare alla possibilità di fondazioni di nuove case e quindi allo sviluppo interdiocesano dell’Istituto, secondo quanto avevano desiderato Bartolo Longo ed il P. Cormier. V’è infatti in esse un nuovo Capitolo in cui si accenna all’apertura di nuove case e, conseguentemente, alla nuova posizione giuridica in cui verrebbe a trovarsi l’Istituto. Esse furono osservate fino al 1932, anche in tempo quindi che non rispondevano più, allo sviluppo dell’Istituto" [14. Anonimo].
Urgeva, quindi, una revisione delle Costituzioni a cui provvide Sua Ecc. Mons. Antonio Rossi, Delegato Pontificio. Infatti, il 21 giugno del 1931 furono sottoposte, alle suore riunite in Capitolo, le seguenti fondamentali questioni:
I – Se si ritenga che la Congregazione inizi le pratiche per ottenere la giurisdizione Pontificia o si desideri di restare di diritto interdiocesano.
II – Quali i rapporti della Congregazione con l’Ecc.ma Prelatura.
III – Quale debba essere la Casa Madre.
IV – Quale la casa del Noviziato.
V – Se adottare nuove Costituzioni o riforme o completare quelle già esistenti.
Per tutto quanto detto, va tenuto in debito conto che la revisione delle Costituzioni era
necessaria anche perché, nel 1918, si promulgava il nuovo codice di Diritto Canonico al quale si sarebbero dovuto adeguare le Costituzioni stesse, divenendo la Congregazione, da locale, a interdiocesana.
Ma, per continuare l’analisi temporale dei vari libretti si apprende che le Costituzioni recanti l’imprimatur "Roberto Ronca, Archiepiscopus tit. Naupactensis Pompei, 1 giugno 1954" [12, Costituzioni], rimasero in vigore fino al 1970; esse erano accompagnate da un libretto con la sola regola di S. Agostino, che porta l’imprimatur "Joannes Foschini Pompeijs die 15 Junii 1956" [13, Costituzioni].
Nel 1970, in seguito alle disposizioni del Concilio Vaticano II, Le Costituzioni furono riviste alla luce delle indicazioni dettate dal Magistero della Chiesa.
Si dovette, perciò, tenere in adozione sperimentale un testo che si sdoppiava in due parti: le "Costituzioni" ovvero una serie di capitoli riguardanti le finalità della vita Consacrata, e il "Direttorio". Esso racchiudeva articoli normativi di vita pratica finora per quanto considerate ed osservate, non pubblicate in maniera sistematica in apposito volume recante il suddetto titolo di "Direttorio".
Questi due volumi, per i contenuti precipui, consentivano alla Congregazione l’aggiornamento e l’adeguamento, a seconda delle esigenze, degli Articoli del Direttorio, mentre, come è noto, la variazione di un capitolo o articolo delle Costituzioni richiedeva l’approvazione da parte della Sacra Congregazione dei Religiosi.
La nuova legislazione fu, ovviamente, adottata per studiare l’opportunità di apportare modifiche o integrazioni comuni alle esigenze di vita consacrata.
Ciascuna suora ne ebbe una copia affinché potesse studiarla, sia personalmente sia comunitariamente. Fino al 1980, vi furono meditazioni e confronti a vari livelli.
In particolare, trascorsero ben dieci anni per lo studio della nuova normativa, poiché il Concilio Vaticano II apportava alla vita delle religiose una profonda evoluzione di comportamenti e regolamenti, non senza ripercussioni sulla formazione dei membri degli Istituti religiosi.
Avvenne, così, che furono impiegati i primi cinque anni, rinnovati, poi, in un periodo di altri cinque, per studiare le variazioni da apportare e per approvarle in via definitiva.
Successivamente, il 26.10.1980, fu emesso il Decreto di approvazione della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari.

*Regole e Costituzioni - Parte Seconda

         Costituzioni per le Figlie del Rosario di Pompei
         Suore del Terzo Ordine di S. Domenico
         Approvate dall’E.mo Card. Camillo Mazzella
         Vicario del Sommo Pontefice
         pel Santuario di Pompei

Capo I

Titolo dell’Istituto
1 –
Nostra Signora, la beatissima Vergine Madre di Dio, Regina delle Vittorie, ha voluto edificata una sua Casa a Pompei, una sua Reggia splendidissima, e l’ha circondata per sua gloria di molte Opere di culto religioso e di civile progresso: Asili di carità, Ricovero di Orfanelle abbandonate, Ospizio di educazione pei poveri Figli dei Carcerati, Sale di Lavoro e di educazione cristiana.
Tuttavia tra le singolari compiacenze mostrate su questa terra santificata da’ prodigi della sua misericordia, Ella ha scelto come "famiglia" del suo amore, come Corte eletta intorno al suo Trono, le "figlie di sua predilezione", acciocchè sia di giorno e di notte da esse amata, servita e glorificata.
2 – Ineffabile degnazione di così eccelsa Signora! Tra tante classi di famiglie religiose, sparse sulla terra, oggi la madre pietosa dei peccatori, la regina del Sacratissimo Rosario, ha voluto porre a custodia della sua Casa, al servizio del Tempio a Lei dedicato, "una pia Congregazione di donne": le quali hanno per fine, non solo di servirla ed onorarla col celeste suo Rosario, ma farla servire ed onorare col Rosario salvare la propria e le anime altrui. E però esse hanno il "Rosario" per insegna, per difesa, per titolo; e sono alla Vergine del Rosario singolarmente consacrate come altrettante sue "figliuole", sì che altro nome loro non compete, se non quello di Figlie del Rosario. E dal luogo, in cui Maria le raccolse la prima volta, e dal Santuario a cui esse servono, prendono l’aggiunto di Figlie del Rosario di Pompei.
3 – Son dette "Figlie" e non "Sorelle" del Rosario, perché sono state chiamate con particolar vocazione ad amare e servire e glorificare così buona Madre nella stessa sua Casa, nel luogo medesimo dei suoi prodigi, come altrettante figlie che convivono con la propria madre. Però son chiamate a vita più perfetta mediante il vincolo di una "Regola comune", di "Voti temporanei", e l’esercizio di una "Carità operosa".
La Regola comune, che ne forma un corpo solo ed uno spirito solo e le conduce a santità, è quella stabilita dal Santo Istitutore del Rosario per le Suore del suo Terz’Ordine di Penitenza. Imperocchè la prima istituzione che fondò San Domenico a beneficenza della Società e della Chiesa, tanto combattuta e dilaniata nel Secolo Decimoterzo, fu appunto per le donne, per le donzelle e per le fanciulle che volle sottrarre agli artigli dell’Eresia che menava strage. E quel Grande, illuminato della Santissima Vergine, innanzi che fondasse un Ordine di Predicatori, cominciò dalle donne, cioè dal "Terz’Ordine, per educare e salvare le anime delle fanciulle. Ed anche oggi lo spirito del Fondatore, attraverso sette secoli di storia gloriosa, si trasfonde nelle sue figliuole che appartengono al suo Terzo Ordine. Onde le "Figlie del Rosario di Pompei" devono essere perfette Figlie del Patriarca San Domenico nel suo Terzo Ordine di Penitenza.
I "Voti temporanei" sono un mezzo potente pel felice progresso di questa nuova Congregazione del Terzo Ordine, e per l’acquisto delle virtù eroiche, che in ogni secolo han distinto tante verginelle di ogni ceto, seguaci del glorioso Padre Gusmano e della gran Madre Santa Caterina da Siena.
La "Carità" attuosa, fervida, disinteressata verso Dio e verso il prossimo, segnatamente verso le povere Orfanelle, verso le fanciulle del popolo e verso le anime dei peccatori e dei moribondi; il procurare insomma ogni benefizio spirituale dei figli del popolo, massime quando sono abbandonati e privi di ogni istruzione religiosa, sarà una scala di meriti per raggiungere anche in vita il perfetto amore di Dio, in che è riposta tutta l’umana felicità.
Capo II
Scopo dell’Istituzione
Ministero delle Figlie del Rosario di Pompei nelle Opere di carità

Lo scopo di questa Istituzione dunque è triplice:
1. Salvare l’anima propria, mercè il ritiro dal mondo, la frequenza dell’orazione e dei Sacramenti, la vita comune sotto di una medesima Regola, le opere di carità verso il prossimo e l’esercizio di tutte le virtù cristiane per imitare Maria santissima.
2. Salvare le anime altrui; e cioè da prima per mezzo della istruzione e della educazione dei fanciulli e delle fanciulle del popolo massime delle "Orfanelle abbandonate" a qualunque città o nazione esse appartengano, che la grande Signora delle Vittorie, con sensibile manifestazione della sua bontà, ha mostrato e mostra ogni giorno di proteggere e custodire in singolar modo. Ed in secondo luogo con la luce del buono esempio a tutti, col Catechismo religioso al popolo, con i buoni consigli, e sussidiariamente, anche con l’assistenza spirituale, e, potendo, anche, con la corporale delle inferme e delle moribonde.
3. Amare sopra tutte le cose, dopo Dio, la santissima Vergine ed invocarla sotto il titolo dolcissimo di "Regina del Rosario di Pompei"; amarla come propria Madre, servirla come Padrona, lodarla come Signora, glorificarla come Regina, ringraziarla come Benefattrice singolare, che da questo luogo dispensa al mondo le sue grazie; ed onorarla quale Madre di Dio con il recitare e far recitare il Rosario, ed insegnarlo ad altri; con il prestare servigi al suo eletto Santuario.
4. E però le Figlie del Rosario di Pompei, oltre la santificazione individuale con l’osservanza dei voti e delle Regole dell’Istituto, debbono avere per fine proprio ed essenziale:
a. La custodia, la cura, l’educazione e l’istruzione, tanto religiosa e morale quanto civile nei lavori e nelle arti domestiche delle "Orfanelle interne", che sono commesse alle Suore come figliuole a Madri. E però le Figlie del Rosario di Pompei debbono accompagnare sempre le Orfanelle, che pure s’intitolano alla vergine di Pompei, e al parlatorio e alla musica, il canto alla Chiesa, e, quando escono, al passeggio e alle processioni.
b. L’economia dell’Orfanotrofio, delle Scuole, del Noviziato e della canonica, apprestando il vitto tanto alle Orfanelle e persone dell’Orfanotrofio, quanto ai Sacerdoti residenti nella canonica medesima, serbano la nettezza del luogo con lavanderia propria e con sale di lavoro.  c) La cura e la custodia delle biancherie e degli arredi sacri del Santuario, e la confezione delle ostie e particole, tanto per i divini Sacrifici quotidiani, quanto per le innumere comunioni dei devoti pellegrini, che da ogni nazione traggono alla Pontificia Basilica di Pompei.
Ancora, nelle ore in cui la Basilica sia chiusa al pubblico, secondo le varie stagioni, curare l’ornamento e la nettezza degli altari, e l’approntare ogni giorno gli arredi e le biancherie occorrenti al culto della Chiesa, ed il rifornire di olio le lampade dinanzi al Santissimo Sacramento oltre le Quindici lampade che notte e giorno ardono innanzi all’Immagine prodigiosa della vergine, e conservare ed apprestare le ostie, le particole e il vino per le Sante Messe.
c. L’istruzione gratuita delle figlie del popolo esterne, che sarà data alle Suore in Scuole del tutto separate da quelle delle Orfane interne. d) La cura dell’Oratorio festivo delle figlie del popolo per l’insegnamento della Dottrina cristiana e per la coltura delle anime loro.
d. Unitamente alla Direzione delle Scuole e dell’Oratorio, la cura altresì, delle istituzioni speciali delle piccole Congreghe femminili che tra queste figliuole del popolo si possono stabilire a vantaggio loro e dei loro genitori, dei loro concittadini e di tutto il popolo cristiano: per esempio delle "Giuseppine" che debbono pregare per la buona morte degli Agonizzanti, allorché sentono suonare la campana con i segni dell’agonia; delle "Sacramentine," per l’accompagnamento del santissimo Viatico, quando sia portato agli infermi nelle ore diurne; alle "Figlie di Maria," e somiglianti per l’incremento della pietà e della morale nelle proprie famiglie e nel proprio paese.
e. La cura e la custodia, per quanto si può, delle "Figlie del popolo esterne", non solo a scuola ma anche nelle loro case, prendendo conto dai loro genitori della condotta di esse e delle ragioni delle loro assenze dalla scuola, abboccandosi con le madri di famiglia, e, visitando nelle loro case le fanciulle inferme, ed apprestando ad esse, quando sono povere, o medicinali o aiuti; rendendosi in questo modo le Suore solidali con i genitori delle fanciulle per la loro compiuta educazione. A questo modo le Suore saranno accette e benedette dal popolo.
f. Sussidiariamente e con le debite cautele apprestare assistenza alle moribonde, massime se povere e poco assistite dai parenti, porgendo religioso supremo conforto alle agonizzanti.
g. Esercitare le opere della Misericordia corporale con l’apprestare quanto occorre ad alloggiare i pellegrini che vengono a visitare la Vergine; e con il servire alle pie Signore che si raccolgono in "santo ritiro di spirituali esercizi;" e con il servire, assistere ed istruire le giovanette di famiglie civili che vengono a far la loro Prima comunione nel Santuario, e si raccolgono nell’Orfanotrofio per apparecchiarsi con un santo ritiro di spirituali esercizi.
5. Per tal modo le "Figlie del Rosario di Pompei" sul finire di ogni giorno avranno la consolazione di aver dedicato a Maria, loro tenerissima Madre, le ore, i minuti, i respiri, le preghiere, i travagli, le pene, gli atti tutti della vita, sicure che neppure la minima azione andrà per esse perduta. E per conservare sempre pronto e fervoroso lo spirito della loro vocazione, esse sovente ricorderanno a se stesse lo scopo per cui la Santissima Vergine le ha chiamate qui:
- Io vi ho raccolte, - dice Maria alle sue Figlie, - qui, al lato del mio Santuario, intorno al mio altare, sotto gli occhi di mia particolare protezione, acciocchè imitiate i miei esempi, mettiate in pratica i miei consigli. Beato chi vigila attento alle mie porte ogni dì, Beato chi ascolta le mie parole!
6. Le Figlie del Rosario di Pompei hanno dunque avuto una doppia grazia; quella, cioè, di essere state dal mondo chiamate al ritiramento per salvarsi; e quella di vivere ritirate nella Casa che la vergine si ha per mezzo di miracoli edificata, e qui santificarsi con opere più insigni della misericordia sotto lo sguardo purissimo della Celeste Madre.
Quante anime sante, sparse in tutto il mondo, non ambiscono quest’onore e questo privilegio!
Capo III
Dello Spirito dell’Istituto
1.
Lo spirito dell’Istituto non è altrimenti uno spirito di austerità si bene, di carità, quale è contenuto nel significato della parola Rosario. E però seguirà esso le tracce del santo Istitutore del Rosario, il gran Patriarca S. Domenico, il quale tutta la sua vita spese, nella carità, che ardentissima aveva verso Dio e verso il prossimo, e la fece rivivere nel mondo con la predicazione e con la devozione del santo Rosario, in mezzo alle calamità ed ai bisogni dei tempi.
2. L’Istituto è posto sotto la protezione speciale della vergine del Rosario di Pompei; del glorioso Patriarca S. Giuseppe, dell’Arcangelo San Michele, di San Domenico e di Santa Caterina da Siena, figliuola primaria dell’Ordine del Rosario, Serafina di Carità: sotto la guida e gli esempi e la protezione di così illustre Vergine del Terzo Ordine della Penitenza di S. Domenico, le "Figlie del Rosario di Pompei" aspireranno all’acquisto delle più grandi virtù.
3. Le Figlie del Rosario di Pompei per divenire vere figliuole di S. Domenico e vere sorelle di S. Caterina da Siena, abbracciano la "Regola del Terzo Ordine della penitenza, e ne costituiscono una speciale Congregazione; e però loro ornamento e decoro e scudo è il bianco Scapolare che la Vergine Maria diede all’Ordine suo prediletto per mezzo del Beato Reginaldo di Orléans.
Esse fanno i "voti semplici" da rinnovarsi ogni anno; e se anche nel corso dell’anno vogliono o debbono lasciare l’Istituto, basta il metter piede fuori la porta del Santuario per essere sciolte da ogni voto.
Il solo Noviziato ha clausura vescovile, da dispensarsi pure dalla Madre Superiora.
Per singolar concessione del Reverendissimo Padre Maestro Generale di tutto l’Ordine di San Domenico, del 22 Agosto 1897, le Figlie del Rosario di Pompei sono ammesse ancora alla partecipazione: di tutte le molteplici Indulgenze e grazie, beneficii e diritti concessi dai Sommi Pontefici all’Ordine di S. Domenico, non che alla partecipazione dei meriti di tanti Santi e Sante dell’Ordine prediletto della Santissima Vergine.
Capo IV
Della direzione dell’Istituto
1.
La Congregazione regolare delle Figlie del santo Rosario di Pompei dipende immediatamente, per la parte ecclesiastica, dall’E.mo Cardinale eletto dal Papa a Suo Vicario per il Santuario di Pompei, e vive sotto l’alto patrocinio del Sommo Pontefice.
2. L’Em.mo Cardinal Vicario nomina il Direttore Spirituale dell’Orfanotrofio e il Confessore delle Suore, tanto delle maestre quanto delle Coadiutrici o Converse.
3. I Fondatori dell’Orfanotrofio e del Noviziato provvederanno a tutti i bisogni della Casa, come al sostentamento delle Orfanelle e delle fanciulle povere, e dei bambini che prendono ad educare negli Asili, ed agli arredi e suppellettili dell’abitazione delle Suore.
4. Durante la vita dei Fondatori, e per rispetto dovuto loro, e perché assai sostengono le spese in ciò che la Congregazione non può sostenere, massimo per la dotazione delle Orfanelle e delle Aspiranti povere, si osserveranno le seguenti disposizioni transitorie:
a. Nessuna può essere ammessa nell’Orfanotrofio e nella Casa Religiosa delle Figlie del Rosario di Pompei, sia come Maestra sia come Conversa, senza la previa conoscenza ed approvazione di essi Fondatori.
Per la vestizione delle medesime e per l’entrata al noviziato si richiede il Capitolo delle Suore.
b. Similmente l’allontanamento di qualunque persona, che sotto qualunque titolo possa far parte dell’Istituto, si può eseguirsi senza la previa conoscenza dei Fondatori.
5. Essendo lo scopo primario dei Fondatori quello di salvare tante anime innocenti, le quali prive di genitori ed abbandonate sulle vie, andrebbero fatalmente perdute; pertanto l’Istituto delle Figlie del Santo Rosario di Pompei serve di mezzo allo scopo indicato.
Quindi le persone che debbono far parte di questo Istituto debbono conformarsi al tutto alle intenzioni dei Fondatori, che è quella di educare gratuitamente le povere Orfanelle di ogni parte d’Italia e dell’Estero, a diventare buone massaie, mediante una scuola materna adatta alla condizione delle povere orfane.
6. Nell’Orfanotrofio vi è una Superiora che sopraintende a tutta la Casa, e che dipenderà immediatamente, per la parte ecclesiastica, dal Cardinal Vicario; e per la parte amministrativa e disciplinare dell’Orfanotrofio e delle altre opere di carità, essa dipenderà dai Fondatori, mentre che questi avranno vita.
7. Tutte le Suore debbono ubbidire lietamente alla Superiora, adempiendo con prontezza di animo tutti gli ufficii loro connessi, e intendendo di servire nella persona e nella Casa delle Orfanelle la persona augusta e la Casa medesima della SS. Vergine, Madre e regina tanto delle Suore quanto delle Orfanelle.
8. Poiché la Casa religiosa delle terziarie Domenicane di Valle di Pompei, dette le "Figlie del santo Rosario di Pompei", è stata fondata con lo scopo di reggere e dirigere l’Orfanotrofio della Vergine di Pompei; e tutte le Suore debbono prestare la loro opera e dedicare tutte le forze a questo santo caritatevole intendimento; pertanto la Superiora dell’Orfanotrofio è la medesima Superiora delle Suore.
Essa sceglierà le Suore più adatte per i vari uffici, e d’accordo con i Fondatori le destinerà alle mansioni diverse, sia alla direzione dei lavori, sia alla Custodia della Porta o della Guardaroba, sia alla direzione delle udienze, sia alla direzione delle Camerate, e della cucina e somiglianti.
9. Oltre alla Superiora, vi sarà una vice-Superiora, la quale dipenderà interamente dalla Superiora; e nell’assenza o malattia di questa, essa ne disimpegnerà tutte le incombenze.
10. Vi sarà anche una Maestra proposta alla direzione delle Scuole.
La Vice-Superiora è anche specialmente incaricata dell’Ufficio di Tesoriera.
Vi sarà ancora una Maestra delle Novizie specialmente applicata alla direzione delle Postulanti e delle Novizie.
11. a maestra proposta alla Direzione delle scuole ha l’ufficio di accompagnare i visitatori per le Scuole.
12. La Vice-Superiora ha lo stesso obbligo verso i visitatori dell’Orfanotrofio.
13. La Superiora deve essere informata di tutto quello che si fa nelle Scuole e nell’Orfanotrofio e di tutto deve informarne i Fondatori.
14. Tutta la responsabilità civile e morale dell’Orfanotrofio, delle Scuole e del Noviziato cade collettivamente sulla Superiora, sulla Vice-Superiora e sulla Maestra proposta per la direzione delle Scuole e sulla Maestra delle Novizie.
15. la Casa avrà una Economa. Questa avrà cura dell’amministrazione e delle spese quotidiane, della Cucina, della dispensa, e delle provvigioni. Resta a sua cura di fare a tempo debito le provviste d’ogni specie.
In ogni primo del mese, ed al giorno decimo, ed al ventesimo deve presentare alla Superiora tanti conti scritti e firmati da lei, per quanti sono gli articoli delle spese, con il bilancio di quel che ha ricevuto, e denotando i residui dei quali rimane debitrice. Deve richiedere alla Superiora il visto con approvazione sopra ogni singolo conto. Non ha facoltà di consegnare alcuna cosa senza il consenso della Superiora.
La Superiora presenterà ai Fondatori ogni fin di mese i conti delle spese.
16. Vi sarà ancora la Custode della Guardaroba, che è la consegnataria dei mobili e delle robe tutte, che saranno di pertinenza della Comunità, nonché degli oggetti di Scuole. È responsabile di quanto le è consegnato. Ha l’obbligo di sorvegliare, e pigliare il più esatto conto della Guardaroba.
17. La Superiora dovrà essere la depositaria del danaro, e deve ordinare le spese. Tanto l’Economa quanto la Guardarobiera faranno capo dalla Superiora.
18. Saranno ancora altre Ufficiali minori, come l’Infermiera, la Refettoriera, la Sacrestana, La Maestra delle udienze, ed altre, secondo il Regolamento.
Capo V
Delle due Classi di Suore
1.
Le Figlie del Rosario di Pompei sono di due classi: Maestre e Converse.
2. Le Maestre dell’Orfanotrofio della vergine di Pompei attendono principalmente alle occupazioni che in modo più diretto toccano lo scopo dell’Istituto, cioè: l’istruzione e l’educazione morale e civile della gioventù, l’assistenza ed educazione delle figlie del popolo, il decoro del culto divino.
Esse sono legate tra di loro e con Dio con i tre voti semplici e temporanei della "povertà", della "castità" e dell’ubbidienza".
3. Le Coadiutrici o Converse aiutano allo scopo dell’Istituto secondariamente ed in modo più indiretto. Esse attendono alle cure domestiche e al servizio delle Maestre e dell’Istituto. Sono legate a Dio con gli stessi voti semplici annuali; e godono gli stessi vantaggi della vita religiosa, benché la preghiera si assegni loro sotto un’altra forma più conveniente alle abituali loro azioni.
4. La classe delle Maestre abbraccia:
a. Le Probande.
b. Le Postulanti.
c. Le Novizie.
d. Le Professe.
5. La classe delle Coadiutrici Converse abbraccia:
a. Le Aspiranti Coadiutrici.
b. Le Coadiutrici Professe.
Capo VI
Dell’Ammissione
1.
Nessuna può essere ammessa nella casa delle Figlie del Rosario di Pompei senza essere di persona conosciuta dai Fondatori, Avv. Comm. Bartolo Longo e Signora Contessa Marianna De Fusco Longo, e senza richiedere di persona ai medesimi l’ammissione.
E però fa d’uopo, che chi sente questa vocazione di ritirarsi in Pompei, vi si rechi prima in pellegrinaggio a visitare la taumaturga Regina del SS. Rosario, ed in quella visita si abboccherà con i Fondatori.
2. Prima di recarsi a Valle di Pompei per la conoscenza personale, deve indirizzare ai Fondatori una lettera che contenga la domanda di ammissione.
3. la domanda di ammissione esprimerà il nome, il cognome e la paternità della postulante, la sua età, non che il comune e la provincia a cui appartiene: e deve significare in che qualità voglia essere ammessa la postulante, se cioè Maestra o come Coadiutrice.
Delle Maestre
La domanda delle aspiranti Maestre dell’Orfanotrofio della Vergine di Pompei, dev’essere accompagnata dai seguenti documenti.
le testimoniali del proprio Vescovo, cioè:
Certificato dello stato libero, in cui si dichiari che la giovane non contrasse mai matrimonio; né ha dato parola o contratto di sponsali.
Che non abbia debiti.
Che abbia dato prova di specchiata moralità e di pietà esemplari.
Che dia fondati indizii di vocazione religiosa e di amore a questo Istituto.
Che non è stata mai a servire, tranne che non sia stata per cameriera di buona educazione presso oneste e specchiate famiglie.
Gli attestati del proprio Parroco:
L’attestato di Battesimo, da cui risulti che la postulante e di legittimi natali, di età non minore di anni 15, e non maggiore di anni 26.
Dichiarazione se la giovane abbia o no ricevuta la santa cresima.
Dichiarazione che i genitori della giovane non abbiano sofferto convulsioni epilettiche o alienazioni mentali.
L’atto legale di nascita rilasciato dal Municipio.
Stato di famiglia rilasciato dall’Autorità Municipale.
Attestato medico di vaccinazione, o di sofferto vaiuolo e di sana costituzione fisica tanto da poter seguire la vita comune e compiere i diversi uffici dell’Istituto.
Attestato di consenso dei genitori o di chi li rappresenta, salvo per quelle che siano fuori della patria potestà e di tutela.
Attestato di aver compiuto la terza Classe elementare.
Il pagamento anticipato della pensione che è di lire trenta al mese, per tutto il tempo della prova che dura un mese, e del Postulato che dura sei mesi; più un sufficiente corredo per detto tempo.
L’assicurazione di potere all’epoca del Noviziato pagare la somma di lire Seimila per dote, e lire Cinquecento per corredo da Maestra.
Avutane dalla fondatrice la risposta affermativa, la giovane, verrà in Valle di Pompei per farvi un mese di prova: nel quale intervallo si prenderà esperimento, se l’aria, il vitto, la vita comune e le Regole di questa Congregazione a lei si confanno. Sarà quindi una ammissione provvisoria per un mese.
Dopo un mese di prova, i Fondatori sulle relazioni esatte e coscienziose che loro farà la Superiora e la Maestra delle Novizie, emetteranno il loro giudizio, se possa o no la Probanda essere ammessa al Postulato.

Delle Converse
Per l’accettazione delle aspiranti Coadiutrici o Converse richiedesi:
L’atto legale di nascita.
Stato di famiglia rilasciato dal Municipio.
L’attestato medico di vaccinazione o di sofferto vaiuolo, e l’attestato di robusta costituzione fisica.
L’atto di Battesimo da cui risulti l’età non minore di anni 18 e non maggiore di 26.
Dichiarazione del Parroco se la aspirante abbia o no ricevuto la santa cresima.
La prova specchiata morigeratezza, di non comune pietà.
Un corredo conveniente.
le aspiranti Coadiutrici possono essere ammesse a fare i tre voti semplici annuali, dopo tre anni di fedele servizio presso la Congregazione ove si crederanno degne dall’Autorità Ecclesiastica. Questi voti si faranno per ordinario e si rinnoveranno il dì 2 Febbraio, festa della Purificazione di Maria Santissima.
I voti, avranno la durata di un anno, sempre che la persona resti in comunità.
Uscendone anche nel corso dell’anno, resta immediatamente sciolto il voto.
La Superiora o la Madre Maestra delle Novizie sono obbligate in coscienza d’informare i Fondatori se l’aspirante abbia o no i segni di vera vocazione.
Capo VII
Della Dote
Le Figlie del Rosario di Pompei per essere ammesse all’Istituto a titolo di Maestre, debbono portare una dote.
La dote è di lire Seimila, le quali si sborseranno prima che incominci il Noviziato.
Le altre cinquecento servono per il corredo che dev’essere uniforme a quello di tutte le altre, e quindi dev’essere fatto nella Comunità.
Se la probanda esce dall’Istituto, è obbligata a rilasciare al medesimo tante lire per quanti giorni ha dimorato in esso, a titolo di spese necessarie, bucato ed altro, che per lei ha sostenuto la Comunità.
Saranno dai Fondatori ritenute dalle lire Trecento, che avranno pagate in anticipazione al loro entrare nella casa della Madonna. Il resto delle lire trecento sarà restituito alla famiglia della probanda.
Similmente, nel caso che esca nel tempo dei mesi sei, richiesti per le postulanti, la Comunità riterrà tante lire per quanti saranno i giorni della dimora fatta all’Istituto, facendosi la ritenuta delle predette lire trecento; ed il resto verrà restituito alla famiglia.
Qualora la Novizia esca dall’Istituto nel tempo del Noviziato, la ritenuta sarà fatta sulla dote versata alla ragione di lira una per giorno.
Qualora l’uscita dall’Istituto si avveri dopo il Noviziato, la ritenuta sulla dote sarà di diciannove mesi, quanti si richiedono per il probandato, postulato e noviziato, calcolato sempre lira una al giorno.
Durante il mese di prova ed i sei mesi di postulato, l’aspirante può indossare gli abiti che porta da casa sua, purchè siano convenienti al luogo. Ma entrando nel Noviziato deve indossare l’abito uniforme.
Capo VIII
Dei diritti dei Fondatori
È riservata ai Fondatori la interpretazione delle presenti Costituzioni, non che il diritto di dispensare, derogare, aggiungere ed introdurre nelle medesime quelle modificazioni, che in casi specialissimi o per mutazioni di circostanze e dei tempi giudicheranno opportune, di accordo con la Superiora e con l’Em.mo Cardinal Vicario del Sommo Pontefice.
Del Probandato, del Postulato e del Noviziato
le Figlie del Rosario di Pompei prima di divenir Postulanti, sono Probande, e debbono fare un mese di prova a titolo di esperimento, se confaccia ad esse il clima, l’aria, il cibo e la vita comune.
- Dopo un mese di prova sono ammesse al Postulato.
- Il Postulato, stabilito per far prova della vocazione religiosa, non può durare meno di mesi sei per le aspiranti Maestre.
Per le Aspiranti coadiutrici il Postulato dura un anno.
In tutto questo tempo debbono stare sotto gli occhi della Comunità, sopra tutto della Madre Maestra delle Novizie, per provare le loro disposizioni, la loro docilità ed obbedienza, e potere infine emettere un giudizio sulla loro vocazione.
Dopo i sei mesi da Postulanti per le Maestre, ad un anno per le Coadiutrici, potranno cominciare il Noviziato.
- Il Noviziato ha la durata di un anno.
- Le Postulanti non possono essere ammesse al Noviziato, se non hanno compiuti anni 18 di età, e non abbiano dato prova di avere studiato e sapere a memoria il catechismo diocesano.
Le Novizie non possono essere ammesse alla Professione ed ai voti, prima che abbiano compiuti anni 21 di età, e ne siano passati due dal Noviziato.
- Le Figlie professe rinnovano ogni anno i loro voti nel giorno della Purificazione, 2 di Febbraio, previa la licenza del Superiore Ecclesiastico.
Ove la Probanda sia ammessa ai sei mesi di postulato, prima che spiri l’ultimo mese di esso, deve far venire dalla sua famiglia la dote nella somma di lire Seimila, e lire Cinquecento per il corredo.
La somma di lire Seimila, oltre lire Cinquecento per il corredo, deve essere consegnata ai Signori Fondatori dell’Orfanotrofio, i quali la consegneranno alla Superiora, che ne lascerà ricevuta.
La Superiora dovrà trattare egualmente tutte le Suore, senza tener conto di quello che abbiano portato alla Congregazione, e avuto riguardo solo ai bisogni reali di ciascuna.
Per lo parte poi le Figlie tutte devono ricordarsi che, sebbene rimpetto alle leggi civili esse conservino il pieno diritto di proprietà, in coscienza però e fino a quando appartengono alla Congregazione, nulla posseggono di proprio, tutto nella medesima dovendo essere comune, senza eccezione di sorta.
Se nel Noviziato si scopra una malattia dalla quale si prevede che non possa la giovane sostenere il peso delle regole, sia per l’osservanza di esse, sia per vivere chiusa, sarà la Novizia rimandata alla sua famiglia.
Fatta la Professione, la malattia non è più causa di allontanamento: anzi la Comunità deve sostenere tutto il carico della cura e delle medicine, salvo che la malattia, che si sviluppa dopo la Professione, non esistesse anteriormente e fosse tenuta nascosta. In tal caso, secondo le Leggi Canoniche, è anche nulla la Professione.
Abbandono della Comunità
– Le Novizie e le Professe , che, o per propria volontà, o per volontà dei Superiori, escono dalla Comunità, saranno rimborsate nella dote che abbiano pagata; però senza interesse, e sotto deduzione di lire cento sul capitale per ogni anno che siano rimaste presso la Congregazione, da computarsi dal giorno della vestizione.
– Quando al corredo che abbiano o pagato o provvisto, si calcola che in dieci anni si consuma interamente.
Però, se la Figlia del Rosario di Pompei esce dopo dieci anni dalla Congregazione , non avrà diritto di nulla ripetere, e la Congregazione non avrà più obbligo di nulla restituire.
Se esce prima, avrà diritto a tanti decimi del corredo in natura o in valore, quanti anni mancano a costituire il decennio della Vestizione.
Beni delle Figlie del Rosario di Pompei
Le Novizie possono disporre dei beni estradotali a proprio piacimento, previo avviso alla Superiora dell’uso che ne vogliono fare.
Le Figlie Professe, in forza di queste Costituzioni e per ragione del voto di povertà, non potranno compiere alcun atto relativo all’amministrazione dei beni sopraddetti, la quale spetta esclusivamente alla Superiora della Comunità, con obbligo alle Figlie di adempiere quelle formalità che possono essere richieste per la legalità di detta amministrazione. Tanto meno possono disporre, o degli interessi di tali beni che si intendono irrevocabilmente
Occorrendo tuttavia qualche speciale bisogno ad alcuno dei loro parenti, lo rappresenteranno ai Fondatori o ai Superiori ecclesiastici, che vi provvederanno, o no, secondo il loro giudizio.
Tutto ciò che le Figlie Novizie o Professe venissero a lucrare, come frutto del proprio lavoro, appartiene pure di diritto alla Comunità: la quale si assume a sua volta l’obbligo di provvedere a tutti i loro bisogni, siano in stato di sanità o di malattia, e finchè le medesime appartengono alla Congregazione.
Per l’effetto di che in questo e nei precedenti articoli le Figlie del Rosario dovranno, prima della vestizione, dichiarare con atto speciale da esse firmato, che si obbligano ad osservarne il disposto.
Le Figlie del Rosario sono pure obbligate in coscienza a provvedere, prima o dopo la Professione, giusta l’opportunità, alla propria successione testamentaria in quel modo legalmente valido che i Superiori, tenuto conto di tutte le rispettive circostanze, dichiareranno.
Quaecumque has Regulas servaverint, pax super illas et misericordia.
(Autore: Mario Rosario Avellino)

*Bibliografia Completa
1 - Regole del Pio Istituto delle Figlie del SS. Rosario in Valle di Pompei. Scuola Tipografica Editrice Bartolo Longo. Valle di Pompei, 1892
2 – Regola di S. Agostino per le Monache. (La quale serve di fondamento alla vita spirituale delle Figlie del Rosario di Pompei). Tipografia Editrice Bartolo Longo. Valle di Pompei, 1894.
3 – La Congregazione delle Figlie del Rosario di Pompei del Terz’Ordine della Penitenza di S. Domenico. S. d. (A.B.L.) I-388)
4 – Costituzioni delle Suore del Terz’Ordine di San Domenico sotto il Titolo di Figlie del Rosario di Pompei. Scuola tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati, 1898.  
5 – Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei. Suore del Terz’Ordine Domenicano. (Seconda Edizione). Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati. Valle di Pompei, 1900.  
6 – Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei. Suore del Terz’Ordine Domenicano scritte dal Fondatore Avv. Bartolo Longo. (Seconda Edizione). Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati. Valle di Pompei, 1900.  
7 – Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei. Suore del Terz’Ordine Domenicano. (Seconda Edizione). Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati. Valle di Pompei, 1904.    
8 – Regole di S. Agostino per le Suore Domenicane del Convento di S. Sisto Vecchio in Roma. Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati. Valle di Pompei, 1905.      
9 – Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei. Suore del Terz’Ordine Domenicano. Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati. Valle di Pompei, 1915.      
10 – Costituzioni per la Congregazione Regolare delle Suore del Terz’Ordine Regolare di S. Domenico Figlie del Rosario di Pompei. Terziarie Domenicane. Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati Fondata dal Servo di Dio Bartolo Longo. Pompei, 1932.        
11 – Regole del 1892 e Costituzioni del 1897 delle Figlie del SS. Rosario di Pompei. Scuola Tipografica Bartolo Longo pei Figli dei Carcerati Fondata dal Servo di Dio Bartolo Longo. Pompei, 1949.          
12 – Costituzioni della Congregazione delle Suore Domenicane Figlie del SS. Rosario di Pompei. Ipsi, Pompei, 1954 (Imprimatur R. Ronca, 1.6.1954).  
13 – Costituzioni della Congregazione delle Suore Domenicane Figlie del SS. Rosario di Pompei. Ipsi, Pompei, 1954 (Imprimatur Joannes Foschini, 15.6.1956).    
14 – Regola di S. Agostino della Congregazione delle Suore del Terz’Ordine regolare di S. Domenico Figlie del SS. Rosario di Pompei. Pompei, 1956. (Imprimatur Joannes Foschini, 15.6.1956).
15 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Costituzioni. Pompei 1970. (Dattiloscritto).  
16 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Direttorio. Pompei 1970. (Dattiloscritto).
17 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Costituzioni. Pompei 1980. Tip. Laurenziana. Napoli, marzo 1981.
18 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Direttorioi. Pompei 1980. Tipolitografia Laurenziana. Napoli, marzo 1981.  
19 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Costituzioni. Pompei 1987. Tipolitografia Laurenziana. Napoli, luglio 1987.    
20 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Direttorio. Pompei 1988. Tipolitografia Laurenziana. Napoli, luglio 1988.     
21 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Costituzioni. Seconda ristampa 1996. Tipolitografia Laurenziana. Napoli, febbraio 1996.   
22 – Congregazione delle Suore Domenicane "Figlie del SS. Rosario di Pompei". Direttorio. Seconda ristampa 1996. Tipolitografia Laurenziana. Napoli, febbraio 1996.

*Preghiera per vivere le Costituzioni

Costituzioni e Direttorio 2019
Padre, Tu ci hai concesso il dodo
di seguire Gesù
e di annunciare il Tuo Regno fra gli uomini,
Ispirando il Beato Bartolo Longo a fondare
la nostra Congregazione
sui passi di San Domenico
e di Santa Caterina da Siena.
Continua a rinnovare in noi
La vita degli Apostoli,
in fedeltà al carisma
e alle attese della Chiesa di oggi.
Aiutaci a vivere con passione evangelica
Le nostre Costituzioni,
norma fondamentale della nostra vita
e nostra via del Vangelo.
Concedici di ascoltare la tua Parola con docilità,
come Maria,
per essere, come Lei, Tue vere discepole, costruire il tuo Regno
e collaborare alla salvezza del mondo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

*Lettera della Madre Generale

A tutte le sorelle della Congregazione
Carissime sorelle,
con cuore grato al Signore, ho la gioia di presentarvi l’edizione provvisoria delle Costituzioni e del Direttorio, con le integrazioni e le modifiche di alcuni numeri proposti e votati dai Capitoli generali del 2007 e 2029 e approvati dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Le Costituzioni e il Direttorio ci aiutano a vivere con fedeltà il carisma fondazionale, ci aiutano ad attualizzare il patrimonio congregazionale e più compitamente definiscono la nostra identità carismatica e spirituale.
Questa edizione provvisoria vuole aiutarci a recepire l’importanza di una continua revisione frutto dell’incessante interrogarci sulla nostra fedeltà dinamica e sulla ricerca costante della volontà di Dio per la nostra Famiglia religiosa.
Le Costituzioni e il Direttorio rappresentano, per ognuna di noi, il documento fondamentale al quale continuamente fare riferimento per vivere in pienezza la nostra identità di Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei.
Solo traducendo in splendente esperienza di vita l’itinerario di sequela che in essi è tracciato, potremo sviluppare la nostra confermazione a Cristo, assimilare i Suoi sentimenti di misericordia, testimoniare la Sua carità e continuare a scrivere pagine importanti della nostra storia secondo il carisma ricevuto dal nostro Fondatore.
La Beata Vergine Maria del Santo Rosario ci accompagni con la sua materna benedizione e ci sia di sostegno nella fatica del cammino.
Madre Ermelinda Cuomo
 Superiora Generale
Pompei, 7 ottobre 2019
Festa della Beata Vergine del Santo Rosario

*Decreto di approvazione e affiliazione all'Ordine

Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica
Prot. n. P. 108-1/2001
Le Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario” con sede principale nella Prelatura Territoriale di Pompei, hanno rielaborato con impegno il testo delle Costituzioni, che la Superiora Generale, a nome del Capitolo Generale, ha presentato alla Sede Apostolica, chiedendone l’approvazione.
La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, dopo aver attentamente esaminato il summenzionato testo, col presente Decreto lo approva e lo conferma, secondo l’esemplare redatto in lingua italiana, che si conserva nei suoi archivi.
Animate dall’esempio del Beato Bartolo Longo, loro Fondatore, le Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario” vivano con gioia la loro totale consacrazione a Dio e attendano con amore e dedizione al loro specifico apostolato.
Nonostante qualsiasi disposizione in contrario.
Vaticano, 26 ottobre 2001,
anniversario della beatificazione di Bartolo Longo, fondatore
Edoardo Cardinal Martinez Somalo
            Prefetto
        + Piergiorgio Silvano Nesti
                                                                                    Segretario
*Affiliazione all'Ordine dei Predicatori
In Nomine Domini. Amen
Nessuno ignora che il Patriarca San Domenico glorioso difensore della fede cattolica e glorioso atleta del Nostro Signore Gesù Cristo, tutto inteso a distruggere la pestilenziale eresia e combattere l’insidioso nemico interno delle anime nostre con lo spirito d’orazione e di penitenza, mosso da divina ispirazione, innestò sul tronco dell’Ordine dei Predicatori il ramo di un nuovo pio Sodalizio che fu detto: – Terz’Ordine ora della Penitenza, ora della Milizia di Gesù Cristo.
Approvato da molti Sommi Pontefici, arricchito da innumerevoli sante Indulgenze, il novello Istituto si cattivò ben tosto l’amore di un immenso numero di seguaci del Nostro Divin Redentore, chiari per la santità della loro vita; frà quali si resero celebri una Santa Caterina da Siena, Sposa diletta di Gesù Crocifisso, e una Santa Rosa e da Lima, primo fiore e modello di spiccata santità nell’America Meridionale.
Non è pertanto a meravigliare se i nostri diletti Figli, il Sig. Avv. Bartolo Longo (Beatificato il 26 ottobre 1980) e la sua degna consorte Contessa Marianna De Fusco, non contenti d’aver dato il proprio nome al nostro Terz’Ordine della Penitenza, vennero eziandio nel pietoso disegno di erigere a pié del santuario di Pompei una Casa che, fornita di una conveniente dotazione, servisse a raccogliere quelle anime al devoto sesso spettanti, che distaccate dal mondo e attratte all’amo della Croce, cercano ansiosamente un asilo, in cui sotto la protezione della madonna del SS. Rosario, sotto le insegne del Patriarca S. Domenico e dietro le orme delle inclite vergini summentovate, sia loro dato di seguirne le nobili gesta di una vita tutta nascosta in Dio con Gesù Cristo.
Ora Noi, che chiamati dalla volontà di Dio a reggere le sorti dell’intero Ordine Gusmano, nulla più amiamo che di vedere i rami di questo caro Istituto espandersi e diffondersi tra i fedeli, non possiamo a meno che congratularci con i sullodati signori; benedire con tutta la effusione dell’animo al loro commendevole zelo, accettare con riconoscenza la loro generosa profferta, e cooperare per parte Nostra a che il loro disegno sia pienamente attuato.
Non è pertanto senza indicibile gioia del Nostro cuore che Noi concediamo al nostro Rev.mo P. M. Procuratore Generale Fra Giacinto M. Cormier (Beatificato il 20 novembre 1994) la facoltà di accettare, a Nome Nostro, la detta fondazione e contribuire efficacemente, per quanto è consentito dall’Autorità Nostra, alla perfetta erezione canonica di essa dichiarando il Monastero del Santissimo Rosario di Pompei aggregato all’Ordine, Nostro e munito di tutti i privilegi, grazie a dritti di cui sogliono godere siffatti Monasteri canonicamente eretti e legittimamente all’Ordine aggregati.
Facciamo poi voti e voti ardentissimi perché la novella Comunità delle nostre Suore Terziarie della Valle di Pompei, posta lì quasi a guardia d’onore della Regina del Cielo cotanto venerata in cotesto Santuario, sia sempre diligente e fedele nella regolare osservanza, assidua nello Spirito di orazione, edificante nelle sue relazioni col prossimo e fervente in ogni opera di Carità richiesta o acconsentita dalla professione religiosa; sì che la sua conversazione del tutto celeste, possa essere una permanente benedizione di Dio per la Chiesa, per l’Ordine nostro, e per le Egregie Persone Benefattrici che furono per essa l’avventurato istrumento della Divina Provvidenza.
Roma, via S. Sebastiano N. 10, lì 22 agosto 1897
Festa del Glorioso S. Gioacchino.
Fr. Andrea Frühwirth
Maestro Generale dei Predicatori
Il Fondatore Beato Bartolo Longo – Fondatore
Latiano (BR), 10 febbraio 1841
Valle di Pompei (NA), 5 ottobre 1926
Egli giunse a Pompei nel 1872 per curare gli aspetti amministrativi del patrimonio terriero della Contessa Marianna Farnararo – De Fusco, poi sua consorte.
“… credevo di venire a fare l’avvocato e invece, per disegno di Dio venivo a fare il missionario…”. Infatti, ben presto constatò la povertà e l’ignoranza dei contadini, da una “landa deserta e solitaria”, quale era la “Valle”, edificò una cittadina che oggi irradia luce e conforto nel mondo.
Bartolo Longo evangelizzò gli abitanti del posto e divenne apostolo del Rosario e Padre dell’infanzia abbandonata.
Il 7 ottobre del 1871 divenne terziario domenicano con il nome di “Fra Rosario”. Per rendere concreta la sua missione fondò la Congregazione delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei il 4 agosto 1897. La Congregazione fu aggregata all’Ordine dei Predicatori il 22 agosto 1897 e il 25 agosto 1897 fu eretta canonicamente dal Cardinale Camillo Mazzella di Diritto Diocesano e ottenne il riconoscimento di Istituto Pontificio il 4 aprile 1950.
Oggi la Congregazione è presente in Italia, Filippine, India, Camerun, Indonesia, Nigeria, Vietnam.

*Costituzioni Fondamentali

I. Il beato Bartolo Longo, guidato da un disegno della Divina Provvidenza pregava la Vergine del Santo Rosario, di poter fondare una Congregazione di Suore domenicane capaci di unire alla vita contemplativa la vita attiva da spendere nella carità; … carità verso Dio e verso il prossimo, segnatamente verso le povere Orfanelle, verso le fanciulle del popolo, massime quando sono abbandonate e prive di istruzione religiosa…
Le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario votate a Dio per raggiungere la pienezza della carità, per espressa volontà del Fondatore, si dedicano alla santificazione propria e altrui anzitutto per mezzo dell’educazione civile, culturale, sociale e religiosa dei fanciulli e delle fanciulle del popolo, specie quelle abbandonate, a qualunque città o nazione esse appartengano, manifestando la bontà e la protezione della Vergine Maria, dovranno poi insegnare il “catechismo religioso” al popolo.
II. Il beato Bartolo Longo, laico della Famiglia di San Domenico di Guzman, prescrisse che: le Figlie del Rosario di Pompei, devono essere perfette figlie del Patriarca San Domenico e del suo Ordine di cui ne costituiscono una speciale Congregazione… e per divenire vere figlie di San Domenico e vere sorelle di Santa Caterina da Siena abbracciano la Regola comune che ne forma un corpo solo ed uno spirito solo e le conduce alla santità”.
Le Suore della Congregazione pertanto vivono l’ideale domenicano di contemplare la parola di Dio per porgerla agli altri, percorrendo il cammino, voluto dal beato Fondatore, che volle come prime formatrici le Monache contemplative domenicane, realizzando così la loro vita di religiose consacrate alla sequela di Cristo, secondo lo spirito e lo stile di San Domenico nei suoi elementi costitutivi: vita comune, missione, voti, preghiera e studio.
III. Le Suore Domenicane della Congregazione hanno il Rosario per insegna, per difesa, per titolo e sono singolarmente consacrate alla Vergine del Rosario sì che altro nome loro non compete, se non quello di Figlie del Rosario. E dal luogo, in cui Maria le accolse la prima volta, e dal Santuario a cui esse servono, prendono l’aggiunta del Rosario di Pompei.
Tramite la contemplazione dei misteri del Rosario alle Suore viene facilitata la conoscenza e la pratica di Gesù Cristo e della Vergine Maria sì da proclamare i misteri della salvezza ai fanciulli e a tutto il popolo.
Sono dette Figlie e non sorelle della Madonna del Rosario, perché sono state chiamate con particolare vocazione ad amare e servire e glorificare così buona Madre nella stessa sua casa, nel luogo medesimo dei suoi prodigi, come altrettante figlie che convivono con la propria Madre”.
IV. Le finalità specifiche dettate dal fondatore beato Bartolo Longo nel 1900 restano attuali ed urgenti. Le povertà della gioventù rivelano aspetti e bisogni antichi ma con problemi nuovi ed esigenze sempre più impegnative. Le nuove povertà, pertanto, richiedono forme e metodi di azione educativa aggiornate e specializzate. A tale scopo le Suore della Congregazione dovranno essere sempre più avviate allo studio delle scienze umane e professionali che abilitano ad un’autentica promozione umana e cristiana.
Ma, al fine di operare apostolicamente nella catechesi, nella co0llaborazione alla pastorale giovanile e parrocchiale in consonanza con la Chiesa locale, dopo la prima professione tutte le Suore seguiranno studi particolari di scienze religiose.
V. Le Suore della Congregazione consapevoli di essere consacrate a Dio nella Chiesa, con una professione pubblica – ecclesiale, e convinte che i doni ricevuti sono stati loro elargiti per il bene di tutto il Corpo mistico di Cristo, svolgeranno la propria missione nella Chiesa, per la Chiesa e con la Chiesa. Pertanto, agiranno sempre in piena consonanza con il Magistero della Chiesa, formuleranno i loro programmi di apostolato in armonia con quelli stabiliti dagli Ordinari delle Chiese particolari, in cui sono situate le loro comunità, in comunione e collaborazione con i Pastori locali.
VI. Fin dall’inizio della fondazione, le Suore hanno usufruito di tutte le molteplici grazie e benefici spirituali concessi dai Sommi Pontefici all’Ordine dei Predicatori.
Per quanto possibile la Congregazione stabilisce a cura rapporti di comunione e di collaborazione con le altre componenti della Famiglia domenicana: monache, frati, suore e laici che permettano una più efficace opera di apostolato nella Chiesa.
VII. Radunate dallo Spirito, le Suore vivano la consacrazione sulla via di San Domenico che è comunione fraterna, contemplazione, studio, missione, e diventino come Caterina i il Beato Bartolo Longo, seminatrici di amore e di speranza.
Con la ricchezza della propria femminilità, di dedichino a questa missione di misericordia promuovendo: la devozione verso la Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei; la promozione umana e cristiana dei fanciulli e delle fanciulle, la pastorale giovanile e familiare inserendosi nelle comunità parrocchiali.
VIII. Il Fondatore beato Bartolo Longo volle che l’attività educativa ed apostolica delle Suore fosse rivolta alla gioventù abbandonata a qualunque città o nazione appartenesse; scrisse anche: queste Figlie del Rosario di Pompei, la cui istituzione è così adatta ai bisogni religiosi e sociali dei nostri tempi, potrà avere case e vita e lavoro fecondo in altri luoghi che non siano la Valle di Pompei… in altri paesi d’Italia e fuori… e così estendersi e dilatarsi; prefigurò così l’impegno missionario ad gentes della Congregazione.
Presenti in varie parti del mondo le nostre Suore espandono non solo l’ansia apostolica del Fondatore, ma diffondono tra tutte le genti la devozione al Rosario della Vergine Maria come veicolo della diffusione dei misteri della salvezza operata dal nostro Salvatore.
La dimensione missionaria della Congregazione esprime il carattere universale della sua finalità in adesione alla missione di Gesù Cristo e della Chiesa. Questo comporta la totale obbedienza delle Suore alle disposizioni della Chiesa sulla vita religiosa nei paesi in cui vengono fondate nuove case, e comporta anche l’adesione alle normative pastorali delle Chiese locali.
IX. La Congregazione offre alle Suore le sue Costituzioni-Direttorio e le impegna ad osservarli come espressione della loro professione religiosa e come forma concreta di vita e di aiuto per raggiungere la statura perfetta di Cristo.
Le Costituzioni-Direttorio, elaborate in piena aderenza alle leggi canoniche e al magistero della Chiesa sulla vita Consacrata e ispirate alla Regola di Sant’Agostino e al modello di vita proposto da San Domenico e da Santa Caterina da Siena, contengono gli elementi essenziali dettati dal Bartolo Longo nelle Costituzioni della fondazione.
Pertanto, siano accettate e praticate con spirito di fede e testimoniate nella vita di ogni giorno dalle suore chiamate ad essere memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù.
Tuttavia, secondo la tradizione domenicana, la Congregazione non intende obbligare le Suore a gravare la loro coscienza di colpa per l’inosservanza delle leggi di sua pertinenza, perché desidera che le abbraccino e le pratichino con la saggezza di persone mature, che si comportino non come schiave sotto la legge, ma come figlie sotto la nuova legge della grazia.
Le Superiore, inoltre, potranno dispensare in materia di Costituzioni e Direttorio nei casi precisati dalle leggi della Chiesa e dalla stessa Congregazione.

*Indice Costituzioni - Direttorio

Parte Prima - La sequela di Cristo e Vita Domenicana
Capitolo I
Vita fraterna comunitaria
Capitolo II
La Missione
Capitolo III
I Voti: Castità - Povertà - Obbedienza
Capitolo IV
La preghiera contemplativa, vita liturgica e sacramenti
Capitolo V
Lo studio per la contemplazione e la missione
Capitolo VI
Le osservanze regolari: mezzi per facilitare la vita religiosa domenicana
Parte Seconda - Accoglienza e cammino formativo delle suore
Capitolo VII
Principi e norme generali
Capitolo VIII
Pastorale giovanile e accoglienza delle vocazioni
Capitolo IX
Il Prenoviziato e l'Ammissione al Noviziato
Capitolo X
Il Noviziato e la Professione Temporanea
Capitolo XI
Lo Juniorato e la Professione Perpetua
Capitolo XII
La Formazione Permanente
Parte Terza - Il Governo della Congregazione
Capitolo XIII
Principi e norme generali
Capitolo XIV
Governo Locale
Capitolo XV
Governo Regionale o Vicariale
Capitolo XVI
Governo Generale ed Elezioni
I. Il Capitolo Generale
II. Le delegate al Capitolo Generale
III. La Superiora Generale: Elezione e compiti
IV. Le Consigliere e le Officiali Generali: Elezioni e compiti
V. La Segreteria Generale
VI. L'Economa Generale
Capitolo XVII
Separazione dalla Congregazione
Capitolo XVIII
Amministrazione dei beni

*Sigle

RSA Regola di Sant’Agostino
LBOLGC Lettera del beato Bartolo Longo al beato Giacinto Cormier, O.P.
CBL Costituzioni scritte da Bartolo Longo, 1900
SC Sacrosanctum Concilium, Costituzione Conciliare sulla Sacra liturgia, 1963
LG Lumen Gentium, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, 1964
PCPerfectae Caritatis, Decreto sul rinnovamento della vita religiosa, 1965
AG Ad Gentes, Decreto conciliare sull’attività missionaria della Chiesa, 1965
GS Gaudium et Spes. Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 1965
ET Evangelica Testificatio, Esortazione apostolica, Paolo VI, 1971
CIC Codex Iuris Canonici, 1983
PI Potissimum Institutioni, Direttive sulla formazione negli Istituti religiosi, 1990
RM Redemptoris Missio, Lettera Enciclica circa la permanente validità del mandato missionario, Giovanni Paolo II
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